Calascibetta "La Storia"

Urbs Victoriosa et Fidelissima
Ai confini del Val di Noto, nel cuore della Sicilia, si eleva sul monte Xibet Calascibetta. La posizione geografica è stata da sempre un punto di forza della cittadina e dei suoi abitanti: infatti è pressoché equidistante dai tre mari che bagnano l'isola. Il barocco siciliano trova nelle città di Catania, Ragusa e Siracusa la sua massima espressione, pochi, però, conoscono il confine nord di questo antico Vallo, posizionato nel centro dell'isola. Calascibetta, tra i centri meno famosi di quest'area, appunto, del Val di Noto, offre una storia unica nel suo genere, diversificata dal proprio ambito territoriale. La cittadina vanta diversi siti archeologici caratteristici, ma ancora oggi è una perla sconosciuta del centro della Sicilia. Il nucleo storico mantiene il suo impianto medievale e vanta origini normanne legate a Ruggero d'Hauteville  (Altavilla), dal quale ricevette un primo grande apporto allo sviluppo urbano. Fra siti sino a ieri dimenticati e leggi speciali, la città ebbe nel passato un ruolo eccezionale e completamente diverso da quello odierno.
In particolare una legge, speciale nel suo genere, fece sì che si avvalesse di privilegi e franchigie riservate a lei ed a poche altre città della Sicilia, il cosiddetto diritto della “Legazia Apostolica” o “Monarchia Sicula”. Questo diritto regio, in Sicilia, era applicabile solo alle città demaniali e fu ritenuto, a ragione, “la gemma più preziosa dei re di Sicilia”, grazie al quale i sovrani dell'isola dall'XI sec. al 1929 diedero vita al loro sistema di Governo Ecclesiastico, che prese il nome di  “Monarchia Sicula”; da ciò Calascibetta trasse notevoli vantaggi, fino ad ottenere il 24° posto nel Parlamento Siciliano. La Sicilia, infatti, vanta il più antico Parlamento d'Europa;  di conseguenza la nostra cittadina si trovò contemporaneamente ad avere rapporti costanti e privilegiati con il potere regio. La città, inoltre, era  conosciuta come una delle 57 comunità ebraiche di Sicilia; gli ebrei vi abitarono già dal XIV secolo, in una giudecca, allora esterna al centro abitato, ed erano dediti ai commerci, all'usura ed all'artigianato. La loro  presenza, senza dubbio, costituiva una sorta d'indicatore del tenore di vita cittadino. Durante la dominazione spagnola, la città demaniale diventò anche “Capocomarca” di un comprensorio di sette comuni. I primi ritrovamenti archeologici documentati della Sicilia riguardano il territorio di Calascibetta e risalgono al novembre del 1456, quando Antonio Raffo Spatafora, Presidente del Regno, incaricò un ufficiale per eseguire scavi “… appressu la porta di la parti versu Castrogiovanni….”.
La peculiarità storica e culturale di Calascibetta le conferisce una tipicità particolare, poiché luoghi, fatti storici, privilegi e prerogative di questo centro sono ineguagliabili. Il suo notevole patrimonio archeologico, artistico e storico è noto a pochi, i relativi reperti sono frammentati in diversi musei siciliani, sicuramente apprezzati, ma attualmente non valorizzati. La presenza dell'uomo in questo territorio è stata documentata dall'età del rame: ne sono una testimonianza i reperti ospitati nei musei delle Soprintendenze ai BB.CC.AA. di Enna e di Siracusa. L'attuale centro urbano mostra segni ancora tangibili e ben conservati, come il tessuto urbano ingrottato, risalente all'epoca troglodita e piccole tracce di quello bizantino. Nell'851 nasce il quartiere arabo, di modeste dimensioni ed arroccato sulla sommità del monte Xibet. Il nome CalatXibet deriva dall'arabo: il prefisso Càlat significa rocca fortificata dalla natura, seguito dal nome del monte Xibet, da cui è derivato nel tempo il nome “Calascibetta”. Nella storia più recente, a partire dall'XI secolo, cacciati gli arabi dalla rocca, vi si insediarono i normanni con il Conte Ruggero d'Altavilla (Hauteville), figlio di Tancredi, che scelse Calascibetta per il trentennale assedio della roccaforte di Enna. Oggi ne costituisce testimonianza la Torre Normanna, anche conosciuta come Torre campanaria di S. Pietro.  Ai normanni seguirono gli aragonesi con re Pietro II d'Aragona, il quale edificò, nel 1340, la Regia Cappella Palatina, la seconda della Sicilia, dotandola d'ulteriori feudi. Alla città rupestre si è successivamente sovrapposta quella costruita, nascondendone alla vista la prima: sono, infatti, numerose le grotte e caverne, a volte comunicanti fra loro, scavate nella roccia, dimore di una civiltà troglodita. Queste tracce di antichi insediamenti stratificati, d'indubbio valore, evidenziano un singolare tessuto urbanistico. La Sicilia dal punto di vista amministrativo fu ripartita dagli arabi in tre Valli, mentre dal XVII sec. i tre Valli furono ancora suddivisi in 44 comarche. Le ripartizioni amministrative più circoscritte, denominate comarche, comprendevano diversi comuni con a capo una città demaniale, cioè appartenente al patrimonio dello Stato.
Calascibetta, in quanto città libera e Capo Comarca, come ricordato dagli storici Fazello ed Amico nelle loro opere,ebbe fino al 1818 il comando e l'autorità su sette paesi: Valguarnera, Villarosa, Villapriolo, S. Caterina Villarmosa, Caltanissetta e San Cataldo. Durante la dominazione spagnola, nella cittadina ennese fiorirono nuove chiese e monasteri vari, di notevoli valenze architettoniche e culturali. Gli orizzonti sconfinati ed i panorami mozzafiato ne arricchiscono il patrimonio intrinseco, tanto da lasciare incantato il visitatore. L'unicità di questa città si riscontra anche nel suo antico sistema viario esterno, in parte ancora oggi conservato. Erano dodici le regie trazzere (il termine trazzera significa strada diritta) che partivano da Calascibetta; quelle antiche vie, larghe 36 m. nelle dimensioni minime, avevano origine dalla città o dalle sue propaggini e si distribuivano a raggiera, collegandola soprattutto con i tre mari che bagnano la Sicilia. La regia trazzera Calascibetta - Palagonia, ad esempio, passa a soli 7.5 Km dall'antica città di Morgantina, nel comune di Aidone, con la quale era collegata e ricalca l'antica strada greca Siracusa Thermai (Termini Imerese). La Calascibetta-Licata congiungeva, invece, la città xibetana con il porto del Mediterraneo, considerato dagli spagnoli il “caricatore”, dove erano imbarcate le merci provenienti dal centro della Sicilia. Bisogna, infatti, tenere in considerazione che in quell'epoca i principali commerci prosperavano via mare e lungo le coste dell'isola. Tali strade sono un esempio dell'antica viabilità che i normanni riorganizzarono, dopo la dominazione araba. Percorrendo pochi chilometri fuori del centro urbano di Calascibetta, s'incontrano diverse aree archeologiche, recentemente valorizzate, recuperate e fornite di parchi naturali. Le colline e le valli del suo territorio, in qualche caso ancora selvagge, oltre a nascondere sorgenti d'acqua fresca presentano ruderi di miniere di zolfo, di mulini ad acqua, lavatoi e bevai realizzati, nei secoli passati, con gran maestria dagli scalpellini locali, utilizzando la caratteristica pietra locale denominata di “cutu” (arenaria compatta).
Le tradizioni antiche, legate al sacro, rimangono radicate ancora nella popolazione e meritano d'essere ricordate e tramandate ai posteri. L'istituzione più importante della città era la Regia Cappella Palatina. Dal punto di vista amministrativo ed ecclesiastico la Regia Cappella Palatina era retta dal Regio Cappellano e da dodici Canonici Regi insigniti di almuzio nero. Costoro costituivano il Capitolo ed erano coadiuvati, nella gestione ecclesiastica, da dodici  Mansionari Regi, anche loro insigniti di almuzio violaceo con laccio e fascia rossa. Come si può notare Capitolo e Chiesa erano retti come una Cattedrale. Il regio Cappellano di Calascibetta per diversi secoli fu alle dipendenze del Cappellano Maggiore di Palermo. Nello sviluppo urbanistico della città medievale si inserisce la costruzione del Monastero dei Carmelitani
con annessa chiesa. La prima chiesa, più piccola dell'attuale e ad essa adiacente, risaliva all'anno 1371 e veniva chiamata “L'Annunziata”. A ridosso della chiesa sorgeva l'antico convento dei padri carmelitani. L'intero complesso si trovava  fuori delle mura medievali: infatti alla città fortificata si accedeva attraverso la porta dell'Aquila, posta sulla Via Conte Ruggero e distante circa cento metri. L'antica chiesa ospitava il gruppo marmoreo dell'Annunciazione, opera di Antonello Gagini, oggi posto dietro l'altare maggiore dell'attuale tempio del Carmelo.Il complesso conventuale comprendeva oltre alla chiesa diversi immobili: l'attuale Via Dante, il Municipio, la casa parrocchiale, la villa comunale e la chiesa della SS. Trinità, ubicata alle spalle dell'attuale biblioteca comunale, quest'ultima oggi adibita ad abitazione. Il convento fu soppresso nel 1659 e ripristinato un'altra volta nel 1665. Nel 1859 fu definitivamente abbandonato. L'attuale chiesa del Carmelo, che accoglie oggi il gruppo marmoreo dell'Annunciazione, opera di Antonello, fu ultimata nel 1771. Il magnifico tempio, restaurato nell'anno 2007, era stato in precedenza dichiarato monumento nazionale. Lo scultore Antonello Gagini svolse la sua intensa attività principalmente a Messina, dove era a capo di una numerosa bottega di scultori che realizzarono soprattutto una cospicua quantità di statue della Vergine.
Federico II d'Aragona, nel 1324, emanò da Castrogiovanni il proclama con cui fu imposto alle comunità ebraiche di abitare fuori le mura cittadine “in luoghi siffatti distinti e separati dalle case dei cristiani”. Anche Calascibetta si adeguò a questo proclama; il risultato dell'editto continua ancora oggi a produrre i suoi effetti, non più naturalmente per separare gli ebrei dai cristiani, ma per regalare alla città l'attuale Piazza Umberto I col suo vasto spazio, non usuale nei piccoli centri dell'ennese. La porta dell'Aquila separava il nucleo medievale della città dalla campagna, mentre il nucleo ebraico di Calascibetta distava alcune centinaia di metri dalle mura medievali. Lo spazio tra le due comunità della città rimase libero da costruzioni, mentre il quartiere ebraico iniziava sotto la piazza ed era compreso tra le vie Roma e Giudea. Nel XVII sec. con il radicarsi della tradizione e della cultura spagnola, soprattutto quella sacra, furono introdotti a Calascibetta culti e costumi prettamente ispanici. Insieme con essi si svilupparono anche usanze che oggi ci sembrano autoctone, ma invece sono modellate sulle usanze spagnole. Ancora nel XVII sec. Calascibetta conquistò il privilegio del mero e misto impero”, in altre parole: la cognizione delle cause civili e criminali in secondo e terzo giudizio. In città erano presenti gli uffici, le autorità, le facoltà, l'esecuzioni, i privilegi, le giurisdizioni, tipiche delle”città libere”. Tra gli avvenimenti più rilevati del Cinquecento spicca quello avvenuto il 26 Giugno 1535, quando Calascibetta, città demaniale, fu data in pegno dall'imperatore Carlo V di Spagna per 27.000 fiorini a Ludovico Vernagallo. La città, insofferente al giogo feudale, decise di riscattarsi, raccogliendo la somma e offrendola all'imperatore come riscatto. Alla città per tale gesto fu dato il titolo di “URBS VICTORIOSA”
Ancora una volta, il 22 Gennaio 1629, vi fu un secondo pignoramento di Calascibetta ad opera di Ottavio Centurione, mercante genovese, per 12.000 scudi. Anche questa volta gli abitanti di Calascibetta, spinti dall'amor di patria e libertà, con sacrifici sborsarono questa somma coraggiosamente. Anche in quest'occasione il riscatto valse alla città, da parte di Carlo II, re di Spagna, e della Serenissima Maria Anna, Regina Madre, il titolo di “URBS FIDELISSIMA”, con lettera datata Madrid 2 Aprile 1668. I due titoli “Urbs Victoriosa et Fidelissima” figurano tutt'ora nella scritta che si trova fra gli artigli dell'aquila sul gonfalone civico. Fra tutti gli uomini celebri di Calascibetta spicca Agatino Daidone. Figlio di Antonio e di Barbara Callarami, nacque a Calascibetta il 5 febbraio 1662; celebre matematico, architetto e cartografo, conosciuto ed apprezzato alla Sorbone di Parigi, fu successivamente chiamato alla corte d'Austria a Vienna per le sue doti di architetto. Si deve a lui la prima cartina geografica moderna della Sicilia. Progettò e fece eseguire nel 1723 il ponte sul fiume San Leonardo nei pressi di Termini Imerese e molte altre opere.  Fra i diversi ordini monastici cittadini vogliamo ricordare quello dei Frati Francescani. Era l'anno 1589, quando fu edificato il Convento dei Frati Minori dell'Ordine Francescano; la data si trova  incisa in un gradino sottostante il portone di accesso al convento. Sorge sul colle che oggi è chiamato Giudea, ma veniva anche chiamato colle dei Greci. La chiesa fu edificata nella stessa data ed ospita sull'altare maggiore una tela di Filippo Paladini, “L'adorazione dei Magi”, datata 1610 e già lodata da Rocco Pirro (1577-1651) che la definì “Icon Trium Regum”. Calascibetta rientra in un'area largamente interessata dall'attività del pittore fiorentino, nella sola città di Enna sono presenti cinque tele, mentre un'altra si trova a Piazza Armerina. L'opera principale del pittore fiorentino in Sicilia risulta essere l'Adorazione dei Magi eseguita nel 1610. I Cappuccini sono presenti in questo luogo dal 1601, mentre dall'anno 1534 abitarono il primo convento di Santa Maria degli Angeli in contrada S.Nicola, il quale fu abbandonato nell'anno 1601. Dal 1927 al 1972 la comunità religiosa è stata sede del noviziato per i frati della Provincia Francescana di Siracusa.
(Tratto da "Calascibetta" CALASCIBETTA URBS VICTORIOSA ET FIDELISSIMA autore Rosario Benvenuto)
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